XXX Giornata del Malato, il messaggio della CEI ai professionisti sanitari: «Gratitudine e riconoscenza a voi ‘curanti’»

XXX Giornata del Malato, il messaggio della CEI ai professionisti sanitari: «Gratitudine e riconoscenza a voi ‘curanti’»

«La gratitudine e la riconoscenza, il rispetto e la stima sono solo alcuni dei sentimenti che vogliamo esprimere a voi Curanti che da sempre, e negli ultimi tempi in modo decisamente più intenso, vi prendete cura dei malati e dei sofferenti. Ciò che abbiamo vissuto negli ultimi due anni, e continuiamo a vivere, vi vede impegnati fino all'estremo delle vostre risorse. Lo stress accumulato, il peso e la fatica, il disorientamento e la sensazione di impotenza di fronte ad una situazione globale, solo immaginata, hanno messo a dura prova la vostra dimensione professionale e personale». Questo l’incipit della “Lettera ai Curanti”, diffusa dall'Ufficio Nazionale per la pastorale della salute della Cei in occasione della XXX Giornata Mondiale del Malato che la Chiesa cattolica celebra oggi, istituita nel 1992 da Giovanni Paolo II.

LETTERA AI CURANTI

«La pazienza, non passiva, ma capace di rispondere alle domande della vita, è oggi chiesta non solo al curato ma anche al curante - si legge -. Fratelli tutti di fronte ad un'inedita malattia globale».

Nella lettera si denuncia «l'evidente mancanza di un numero adeguato di professionisti sanitari e un forte carattere di regionalizzazione che genera grandi differenze nell'offerta dei servizi» oltre ad una «netta separazione tra la sanità vissuta nelle zone rurali e nelle periferie e le forme maggiormente organizzate come nei centri metropolitani. Un modello che sembra generare una nuova categoria, che potremmo definire degli ‘irraggiunti’: coloro che, pur avendone diritto, non riescono o non vengono messi in condizione di accedere al Servizio Sanitario Nazionale».

«Il Paese ha bisogno di più professionisti della salute che vedano riconosciuto il loro ruolo e siano messi nelle condizioni di operare al meglio, per garantire una stabile sostenibilità del sistema universalistico di cura» si aggiunge. La lettera ricorda anche «i continui episodi di aggressione che generano nel personale sanitario un senso di solitudine e di abbandono che umilia sia la dimensione umana che quella professionale».