«Io TFCPC da 35 anni lotto ancora per spiegare l’importanza del nostro ruolo». La storia di una Tecnica di Fisiopatologia Cardiocircolatoria di Roma

«Io TFCPC da 35 anni lotto ancora per spiegare l’importanza del nostro ruolo». La storia di una Tecnica di Fisiopatologia Cardiocircolatoria di Roma

«Sarebbe auspicabile che tutte le Università formassero gli studenti in modo adeguato sia per la circolazione extracorporea che per la cardiologia invasiva e non invasiva» spiega Mariapia Confetto, TFCPC presso l’Ospedale San Pietro Fatebenefratelli

 

 

 

 

Nel 1985 ho conseguito, presso l'Università di Roma “Sapienza”, il diploma di Tecnico di Cardiochirurgia. Quando scelsi di frequentare questa “Scuola diretta a fini speciali” pensavo che il mio lavoro si sarebbe svolto in una sala operatoria di cardiochirurgia.

Con sorpresa scoprii ben presto che durante il corso di diploma erano previsti, oltre il ciclo di lezioni teoriche, anche dei tirocini pratici che prevedevano una frequenza in ambienti diversi dalla cardiochirurgia quali la sala di emodinamica, il laboratorio e la sala di elettrostimolazione, il laboratorio analisi, il laboratorio di fisiopatologia respiratoria, il laboratorio di bioingegneria.

Quindi, già durante il corso, ho iniziato a frequentare la divisione di Cardiologia di un ospedale romano per migliorare le mie conoscenze nell'ambito della diagnostica cardiologica (tale esperienza è risultata particolarmente formativa) dal momento che, i tirocini previsti dalla scuola, risultavano esser brevi e poco esaustivi riguardo le metodiche diagnostiche invasive e non invasive valide negli anni '80.  Ho potuto così applicare le conoscenze teoriche fornitemi dal corso di studi nella diagnostica cardiologica.

A seguito di questa esperienza, durata circa tre anni e confortata dalla certificazione del Prof. Provenzale (allora Direttore della Scuola e della Cardiochirurgia del Policlinico Umberto I), in cui si prevedeva già all'inizio degli anni '80 l'applicazione del Tecnico di Cardiochirurgia, oltre che per la circolazione extracorporea, anche negli altri ambiti già menzionati, sono stata assunta presso l'ospedale San Pietro - Fatebenefratelli con la qualifica di “Tecnico di Cardiochirugia”.

 

 

 

LA NECESSITA’ DI AVERE UN TECNICO PREPARATO

 

Sappiamo tutti come sia la diagnostica che l’interventistica cardiologica abbiano fatto passi da gigante: non voglio qui elencare le nuove metodiche e strategie diagnostiche e terapeutiche perchè penso che le viviamo ogni giorno nelle nostre realtà lavorative assistenziali.

Ciò che voglio però sottolineare è che sia la diagnostica cardiologica che l'interventistica hanno messo in risalto, soprattutto con le evoluzioni tecnologiche, la necessità di avere a disposizione una figura professionale specifica e completa quale il Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e Perfusione Cardiovascolare.

A tutt’oggi, anche se meno di ieri, tale ruolo è spesso fonte di perplessità da parte degli amministratori e dirigenti ma direi anche degli stessi sanitari, in quanto non sono sempre chiare ai più le funzioni che può ricoprire un tecnico Perfusionista (come ci chiamavano ancora fino a qualche anno fa) in ambiente non cardiochirurgico.

La figura professionale del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria e le sue peculiari competenze sono di recente scoperta, in quanto molte delle sue funzioni di natura tecnica, sono state usualmente svolte, e in molte strutture purtroppo ancora è così, da infermieri professionali, nel migliore dei casi formati attraverso semplici corsi di aggiornamento.

Il sogno che ho sempre avuto nella mia esperienza lavorativa, soprattutto dopo la trasformazione del Diploma in Laurea di primo livello, e ancora di più oggi dopo la costituzione dell'Albo Professionale, è che si chiarisca nelle sedi dovute l’assoluta ed inderogabile necessità di una figura professionale tecnica e specifica, come la nostra, in tutte le strutture cardiologiche per rispondere al meglio ai bisogni di salute dei pazienti.

Questo compito può e deve essere svolto dal TFCPC che attualmente è l’unica figura professionale sanitaria ad avere la preparazione e la formazione adeguata per esplicare questo ruolo, nel miglior modo, in ambito cardiologico e non solo.

Nonostante la nostra Società Scientifica, l'A.I.Te.FeP., abbia ampiamente chiarito le technical skills che la nostra figura professionale ha maturato in tutti i suoi ambiti, sarebbe auspicabile che le competenze, i limiti e le potenzialità del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria (e Perfusione Cardiovascolare) fossero conosciuti dalle Aziende Ospedaliere e da tutti gli organi istituzionali, ma vorrei sottolineare che fossero “dettagliatamente” conosciute dagli specialisti Cardiologi (e non solo), dai Direttori Generali e Sanitari, dalle altre figure professionali che in alcuni casi hanno eroso nel tempo gran parte delle nostre specifiche competenze professionali.

Mi piace pensare che il mio ospedale sia stato all'avanguardia perché già dal lontano 1987 ha avuto nel suo organico quello che allora si chiamava Tecnico di Cardiochirurgia, inserendolo nella divisione di Cardiologia. Credo che attualmente una problematica importante consista nel fatto che non ci sia una reale uniformità della preparazione offerta nei corsi di laurea, addirittura della stessa città.

 

IL RUOLO DELLE UNIVERSITA’

 

Sarebbe auspicabile che tutte le Università formassero gli studenti in modo adeguato sia per la circolazione extracorporea che per la cardiologia invasiva e non invasiva, nella teoria e nella pratica dei tirocini, lasciando aperta la possibilità allo studente di scoprire la sua "vocazione” e sfruttare così gli svariati sbocchi lavorativi possibili, come perfusionista, sonographer, tecnico di elettrostimolazione o di emodinamica, pur sapendo di essere sempre e comunque un TFCPC.

Spesso in questi anni ho dovuto “combattere” dialetticamente, mettendo in campo la mia professionalità, per affermare la validità e la necessità del Tecnico di Fisiopatologia Cardiocircolatoria non solo nel mio posto di lavoro ma anche con alcuni miei colleghi “perfusionisti” o con altre figure professionali, in particolare medici ed infermieri.

A mio avviso, gli attuali sviluppi della terapia medica, sempre più interventistica e specialistica, e l’ausilio delle nuove tecnologie biomedicali fanno emergere con forza la necessità di avere figure professionali che non abbiano caratteristiche puramente “assistenziali” nei confronti del paziente ma che abbiano invece competenze specifiche e peculiari nell'uso di apparecchiature e device ormai imprescindibili per la cura (e a volte per la vita) dei pazienti. Mi auguro che questa mia esperienza possa essere di supporto e di stimolo per tutti coloro che hanno intrapreso o che desiderano intraprendere questa affascinante e appassionante strada.

 

Mariapia Confetto

TFCPC presso Ospedale San Pietro Fatebenefratelli

Consigliere CdA TFCPC di Roma e provincia